02/03/2016
«Cosa significa per noi riaprire il tavolo? Azzerare tutto e ripartire. Noi siamo pronti a ritirare il nostro candidato, a patto però che lo faccia anche il Pd. Si ragiona sulle regole, si ragiona sui requisiti che dovrà avere il candidato, si stende anche un identikit e poi si decide insieme. Per farla breve, noi siamo pronti a recuperare le ragioni dell’unità del centrosinistra a Cosenza se il Pd riporta le lancette indietro».
Sergio Nucci, ex consigliere comunale e leader calabrese di Scelta civica, forse non credeva di dover spiegare così tante volte che senso ha riaprire al dialogo con il Pd dopo aver abbandonato il tavolo dieci giorni fa sbattendo la porta. Eppure, la diatriba tutta interna al centrosinistra cosentino ha innescato ora un cortocircuito da cui pare difficile uscire adoperando le sole armi dialettiche della politica.
Insomma, Nucci, ci pare che i toni con cui il Pd ha acclamato Lucio Presta in questi ultimi giorni non includano disponibilità ad un passo indietro. Perché accanirsi allora? Perché il Pd dovrebbe riprendere il dialogo?
«Perché se pensano che solo grazie al’unità della coalizione si vince non possono chiedere solo a noi di fare marcia indietro. E perché se c’è qualcuno che ha già derogato agli impegni presi quello è il Pd. Nel percorso che ha portato alla sfiducia del sindaco Occhiuto attraverso lo strumento delle dimissioni c’era anche un impegno preciso del Pd ad indire le primarie. Devono ancora spiegare perché hanno cambiato percorso».
Il vostro gruppo ha raccontato di un «tradimento» consumato al tavolo del centrosinistra, di un’accelerata improvvisa con un foglietto, citiamo da Enzo Paolini, eteroscritto da Roma, per imporre la candidatura di Presta. Se così è, le cose sono due: o cercavano una rottura, o pensavano che avreste ceduto...
«Forse pensavano di avere davanti degli “accontentabili”. E hanno sbagliato. Io, come anche Enzo Paolini, non viviamo di politica, ma della nostra professione. Quando sono state raccolte le firme per defenestrare Occhiuto, sono sceso di notte da Napoli perché credevo fosse un atto politicamente necessario e perché certo non mi preoccupava la rinuncia ai gettoni di presenza. Io non ho un prezzo. E faccio accordi, come Enzo e il nostro gruppo, solo sul rispetto delle persone. Su questo non deroghiamo».
Immaginiamo che il Pd convochi di nuovo il tavolo. Com’è che la candidatura di Presta da «imposta» diventa per voi condivisa?
«Le ho detto che bisogna azzerare tutto. Discutiamo del metodo e sui requisiti che deve avere il nostro candidato. Non serve ad esempio che risieda stabilmente a Cosenza? Secondo me sì, vediamo se riescono a convincermi del contrario. È necessario che sia un cosentino illustre? E perché non chiederlo ai rettori Eugenio Gaudio e Aurelia Sole o allo scienziato Arnaldo Caruso? E ad ogni modo esistono sempre le primarie. Se la cosiddetta Alleanza civica si sente così forte perché non si misura con le primarie?»
Forse perché Presta non vuole farle?
«Questo è un altro aspetto interessante, in effetti. Chi si sottrae alle regole della coalizione non può farne parte e le dichiarazoni che Presta ha reso nella sua ultima conferenza stampa per me sono anche risultate indigeste. Mi creda, però, io non ho nulla contro Presta. Sa qual è il paradosso?»
Quale?
«Magari Presta poteva anche essere una risorsa per il centrosinistra. Con altri metodi si poteva anche portare la candidatura al tavolo – non dico sceglierlo – per una discussione serena. I modi scelti però hanno vanificato tutto»
di MARIA FRANCESCA FORTUNATO